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di Gigi Donelli

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La terra di Marte si accumula senza riuscire a entrare nel laboratorio di analisi in miniatura di Phoenix


Partite per un viaggio interplanetario di 10 mesi. Immaginate che il vostro scopo sia quello di scoprire se il pianeta di destinazione conserva nel sottosuolo tracce d'acqua in forma solida. Il vero dramma è il momento di fare la valigia: più o meno carburante per le variazioni di rotta, pannelli solari per le operazioni al suolo, strumenti vari di guida e di analisi? Si tratta insomma, di un delicato gioco di equilibrio, che le distanze da casa rendono senza appello. Prese le vostre decisioni mettete a punto un sofisticato braccio meccanico, leggerissimo ma forte abbastanza da scavare nel suolo. Lo dotate di una paletta per raccogliere i campioni e non dimenticate il fondamentale mini-laboratorio tascabile, poco più grande di una scatola di sigari, che una volta riempito di materiale lo analizzerà e trasmetterà tutti i vostri risultati a Terra. Se andate su Marte, per esempio, basterà mettere il terriccio nella scatola-laboratorio, inviare un comando a distanza di alcune centinaia di milioni di chilometri e il gioco sarà fatto. Avrete la vostra risposta e, se la fortuna è dalla vostra, entrerete nella Storia dell'eplorazione spaziale.

Scherzi da marziani
Il viaggio di questa storia è ovviamente la Missione Phoenix, il lander della Nasa atterrato nell'Artico del pianeta Marte il 26 maggio scorso. La scatola di sigari-laboratorio (a bordo di ce ne sono 8 per ogni evenienza) si chiama invece TEGA, acronimo di Thermal and Evolved-Gas Analyzer, e da quello che spiegano al centro di controllo della missione di Pasadena (http://www.jpl.nasa.gov/) è pienamente operativo e persino ansioso di svolgere il compito di analisi per cui è stato progettato. Il problema, che se non verrà risolto rapidamente diventerà un incubo per gli ingegneri, è che quando venerdì scorso il braccio meccanico ha rovesciato il terriccio raccolto al suolo sull'apertura del TEGA, lo strumento di analisi non ha confermato a Terra di aver ricevuto alcun campione di materiale. In un primo momento si è pensato che ci fosse un problema con i sensori all'interno dello strumento, poi però si è capito che stava accadendo una cosa molto più banale. Il filtro di protezione posto a copertura di TEGA per impedire l'ingresso di pezzi troppo grossi sta bloccando l'ingresso del terriccio marziano che sembra dunque essere più spesso (a terra diremmo grasso) del previsto. Già, se Phoenix fosse sulla Terra basterrebbe probabilmente uno scossone e il filtro diventerebbe un setaccio, proprio come quelli che milioni di bambini usano con successo sulle spiagge. Un movimento secco e ritmato permetterebbe probabilmente alla componente più fine e asciutta di cadere verso il basso. Ma siamo su Marte e a quanto pare il meccanismo di vibrazione della griglia-filtro, che pure è stato previsto, non è sufficiente a risolvere il problema.

Pasadena, abbiamo un problema
Gli ingegneri e gli scienziati dell'Università dell'Arizona su cui ricadono onori e oneri di questa missione progettata per conto della Nasa, si sono raccolti in assemblea permamente. Proprio come accade 39 anni fa con l'Apollo 13 il problema di Phoenix dovrà essere affrontato da Terra, probabilmente a colpi di immaginazione. Le foto trasmesse ne fine settimana, che mostrano il terriccio rosso accumularsi sui bordi di TEGA, saranno sicuramente passate di mano in mano centinaia di volte. Certo, Phoenix è un robot e anzi, a dirla tutta è una macchina dal destino segnato, visto che in agosto, quando arriverà l'inverno marziano, si spegnerà e verrà congelata in quella landa desolata. Il dramma è dunque esluso, ma lassù c'è comunque una missione da 420 milioni di dollari che ha coperto più di 600milioni di chilometri per analizzare del terriccio e dirci se su Marte c'è stata mai una speranza di vita da nniseguire altrove. L'idea che tutto possa fallire perchè per TEGA è stato scelto un filtro di calibro troppo stretto (un millimetro) o di materiale incompatibile al terricio marziano fa venire i brividi.

Una partita a scacchi
Nelle prossime ore la Nasa comunicherà quali ordini sono stati dati a Phoenix. Come ogni comunicazione tra l'Artico marziano e il nostro pianeta, il messaggio viaggerà per 10 minuti nello spazio interplanetario. Verrà incamerato nei computer di bordo di uno dei tre satelliti che viaggiano nell'orbita marziana (2 Usa uno europeo), e sarà poi inviato a Phoenix in uno degli appuntamenti quotidiani che scandisono l'andamento della missione. A Terra non vogliono sbagliare e sanno che la prossima decisione sarà comunqe delicata: prima che il Sole si abbassi all'orizzonte del lungo inverno marziano il lavoro va completato e, insomma, di tempo ce n'è ma non è infinto. Forse da Pasadena si ordinerà l'intervento del braccio robotico, magari un implulso dei motori, forse si sceglierà di scavare in un altro punto e il terriccio verrà scaricato in maniera diversa su una delle 8 griglie di TEGA. Oppure la fortuna che fino ad ora ha seguito il viaggio della Fenice- Phoenix facendola risorgere dal cimitero delle missioni cancellate e poi recuperate dalla Nasa, tornerà semplicemente a sorridere, magari sotto forma di un cambiamento climatico al suolo capace di influenzare la consistenza di quella terra rossa così carica di suggestioni e di promesse.

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